In viaggio con Nino (ultima parte)
Ultima parte del nostro viaggio a fianco di Nino Moro che, attraverso il suo video-diario di questi mesi, ci ha permesso di conoscere una parte di mondo apparentemente a noi così distante, ma al contempo così simile, per certi aspetti. A breve Nino tornerà tra noi, il suo viaggio finirà tra poco infatti e penso che tutti in cuor nostro, dopo aver seguito le sue avventure, abbiamo domande da porre al nostro giramondo. Con questo nuovo “percorso”, Prometeo81 ha voluto provare un nuovo modo di raccontare al pubblico le esperienze dei nostri compaesani in viaggio. Saremo ben lieti di accogliere in futuro altre iniziative di questo genere, sia da Nino ovviamente, che da tutti gli altri avventurieri di Treppo. Grazie a Nino per essersi reso disponibile a questo nostro piccolo esperimento. So per certo che chi ha avuto modo di seguire ed apprezzare i suoi racconti di questi mesi, si sia affezionato ai luoghi e soprattutto alle persone che lo hanno ospitato, ai poveri a cui ha dato una mano, ai bisognosi a cui ha dato conforto, ai bambini a cui ha regalato un sorriso. In fondo, a pensarci bene, le necessità umane rimangono fondamentalmente sempre le stesse ad ogni latitudine e longitudine di questo piccolo mondo: pace e amore. Buona lettura, buona visione e soprattutto, Buona Pasqua a tutti!
27 Febbraio 2019 – Piccoli imprevisti
In Guatemala fra i numerosi e seri problemi che affliggono questo Paese, vi è anche quello della clandestinità. Vige la regola che il periodo massimo di soggiorno non possa superare i 90 giorni. Io avevo in programma di starcene 140 e per non fare il clandestino (con il rischio di pagare una multa salata) ho utilizzato una prassi consolidata da queste parti, uscendo dallo Stato, facendomi una “gitarella” di qualche giorno in Messico, per poi rientrare in Guatemala guadagnando altri tre mesi di permesso di soggiorno (qui è così, del doman non c’è certezza, ma pure l’oggi è incasinato). Si può scegliere di andare anche nello Stato del Belize, ma non in Honduras o Salvador perché sono associati col Guatemala in alcuni aspetti politici. Purtroppo però la storia ha preso una piega lunga e pietosa “grazie” all’ambasciata Guatemalteca a Roma. Ho dovuto annullare due biglietti buttando via 500 euro come penali per le variazioni di data nel volo di rientro. Il giorno prima della partenza infatti, la compagnia aerea mi ha avvertito che potevo essere respinto perché il mio biglietto di ritorno era dopo 140 giorni e non entro i 90 prescritti. Nuovo biglietto di ritorno quindi, con AR in regola.
Due giorni intensi: martedì levataccia alle 5 e partenza alle 5.30 per arrivare destinazione. Il viaggio previsto di 5 ore (sono 143 km), si tramuta in un calvario di oltre 7 ore. Notte alla capitale senza cena per paura di spostarmi dall’Hotel e partenza mercoledì alle 3 in taxi e alle 4 con il bus per arrivare al confine a mezzogiorno e, dopo una sosta non voluta di due ore, raggiungere San Cristóbal alle 18. Qui scopro che per visitare il sito maya di Palenque (210 km) mi ci vorranno 9 ore di andata e naturalmente altrettante per il ritorno a San Cristóbal de Las Casas. Domani intanto visiterò questa città coloniale che pare bella e piena di attrazioni turistiche.
2 Marzo 2019 – Alla scoperta dei Maya
Arrivo al sito archeologico di Palenque (che in spagnolo significa “palizzata”, senza relazione col nome antico che potrebbe essere “Na-Chan” oppure “Otolum”). La città fu abitata fin dal 400 d. C., ma fiorì tra il 600 e l’800 d.C. Acquista importanza grazie a Re Pakal che fece costruire il famoso “Tempio delle Iscrizioni“. Ma fu assieme a suo figlio Chan-Bahlum che promosse la costruzione dei tempi della “Plaza del Sol”. Nel 900 d.C. Palenque venne del tutto abbandonata ed i suoi edifici furono presto invasi dalla rigogliosa vegetazione. Fu riscoperta parzialmente alla fine del 1800. Dieci su 500 gli edifici vennero portati alla luce.
A Toninà invece ho scoperto un sito di eccezionale bellezza, fuori dai circuiti del classico turismo internazionale. Attraversato un ruscello si arriva alla “Gran Plaza” dove su uno dei suoi lati vi è il campo da gioco della pelota, inaugurato nel 780 d.C. durante il regno di una donna chiamata Tezcatlipoca (specchio fumante).
A nord sorge il cuore cerimoniale del sito, una serie di piattaforme ricavate da terrazze scavate nel fianco della collina. Più in alto invece sorge il “Palazzo del Greco e della Guerra” che doveva essere il centro amministrativo della città. Salendo i gradini successivi si incontrano i resti di quattro templi, nel secondo c’è la “Tomba dei Trenta Metri”, un passaggio molto stretto; più a monte troviamo un acropoli, dimora dei regnanti e sede degli otto templi più importanti; il più alto dei templi, il “Tempio dello Specchio fumante”, fu costruito da ZOTS-CHOJ che salì al trono nel 842 d.C.
La mia vita in questi giorni di vacanza è fatta a scale ed io sono uno che sale e scende! Bello Palenque. Straordinario Toninà, un sito archeologico stupisce perché non si paga nulla, è appartato e si arriva solo se ne conoscete l’esistenza. Ci sono guide a 250 pesos messicani (12 €), ma io, tirchio, ho rifiutato e grazie ad una contrattazione con un clandestino, per 5 Euro mi ha fatto da guida spiegandomi tutto. Il bello di questo posto è che si ha una visione d’insieme e si capisce tutto.
9 Marzo 2019 – Dio, sacrifici e Coca Cola
Vi ho accennato a San Juan Chamula, un pueblo vicino a San Cristóbal. Questa città (chiamata anche semplicemente Chamula) si trova a 10 km a nord di San Cristóbal e conta quasi tremila abitanti. Situata ad oltre 2200 metri s.l.m., Chamula è conosciuta ai molti per la chiesa cattolica di San Juan, famosa perché si celebrano riti di sincretismo religioso.
Non c’è l’altare per celebrare messa, suppongo che venga disposto all’occasione. Al suo interno moltissime statue di santi, ognuna di esse porta uno specchio al collo, in modo che i fedeli che si pongono dinnanzi, vi si possano specchiare. Un aspetto sconcertante è la presenza di pollame sacrificale utilizzato durante i riti, per ottenere grazie e miracoli. Ancor più sconcertante è la presenza di bottiglie di coca cola che, credenza recente, aiuterebbe i fedeli a liberarsi da infermità fisiche e soprattutto spirituali (il cosiddetto male dell’anima) grazie al noto effetto dell’eruttazione.
Secondo questa credenza popolare infatti la Coca-Cola serve come “remedio contra los males echados” (malefici, malocchio ecc). Dicono: “Coca-Cola: mala para el cuerpo, buena para el alma”, oppure quando ruttano:” Vedi, ya está saliendo la enfermedad del cuerpo”. Nonostante le terre alte del Chiapas siano ad oggi una delle zone più povere del paese, con forti indici di denutrizione, occupano comunque il primo posto in Messico per consumo di coca-cola.
Secondo le statistiche, il messicano medio beve più di 700 bicchieri di Coca-Cola all’anno, quasi il doppio di quello che gli stessi statunitensi bevono. Circa 150 litri a persona, un primato tutto sudamericano. Stranamente, proprio a San Cristóbal sorge un’impianto di imbottigliamento della COCA-COLA. All’impianto è concesso di estrarre più di 300.000 litri d’acqua al giorno da fonti idriche locali. L’acqua rimanente agli abitanti di San Cristóbal è insufficiente al fabbisogno giornaliero ed è limitata al solo sfruttamento delle acque superficiali. Ne consegue che negli anni, il consumo di tale bevanda al posto dell’acqua naturale abbia fatto incrementare i casi di diabete e di obesità nella popolazione.
Ma se la causa può dirsi ormai nota, dove possiamo trovare i “colpevoli”? Il Governo qui è il complice perché negli anni passati non ha fatto investimenti nello sviluppo e nella sostenibilità delle risorse idriche. Pare invece ben disposto a negoziare con le multinazionali piuttosto che aiutare i propri cittadini che sono così costretti a comprare l’acqua da camion privati oppure, in alternativa, ad acquistare e bere Coca Cola, molto più a buon prezzo. Sono stato testimone con i miei occhi di ciò che sto per dirvi: le bottigliette di Coca Cola erano presenti in chiesa, assieme alle candele votive ed ai polli sacrificali di cui sopra. Sta di fatto che oramai anche qui le multinazionali come Pepsi e Coca cola la fanno da padroni.
28 Marzo 2019 – Case ai bisognosi
Sono partito con un pulmino alle 7.40 assieme a Raul, un amico che è responsabile del progetto case. Alle 8.30 eravamo a Purulhá. Poi con tuc-tuc, pickup e successivamente a piedi, abbiamo raggiunto Panchoch verso mezzogiorno, dopo una lunga sosta nel caserio vicino. Per rispetto al mondo dei più poveri non ho violato l’intimità delle case con fotografie o altro. Ma desidero descrivervi comunque come vivono queste persone. Entro, con la mia testa tocco il soffitto. Nel sottotetto ci sta il granaio. La casa è tutta fatta di legno e costituita da due striminzite stanzette 4×4. Una con un letto ed alcuni sassi in terra per ospitare il fuoco (a 2200 metri s.l.m. fa molto freddo, specie di notte o con giornate nuvolose), l’altra invece con altri letti per dormire. Trovo una famiglia con 3 figlie di 3, 9 e 17 anni. Non hanno luce, tanto meno acqua. Questa “casa” si trova sperduta nella selva a oltre 3 ore di cammino dal paese più vicino. Vivono completamente isolati, senza scuola né servizi di alcun genere. Ci offrono brodo e pollo con tortillas. La stanza è coronata da una doppia fila di pannocchie di mais. La ragazza prende a lavare il mais per l’impasto centellinando l’acqua.
Ora grazie all’associazione di don Antonio, agostiniano di Madrid, ci sono fondi per costruire 9 nuove abitazioni, due stanze 6×5 con blocchi, tetto di lamiera e pavimento di cemento dal costo approssimativo di 9000 euro l’una. Dalle foto capirete la povertà, la dignità, la serenità della gente e l’adorabilità di quei 30 bambini da 1 a 15 anni, distribuiti su undici famiglie (complessivamente una settantina di persone). Nel primo caserio, quello della sosta, sperduto anch’esso, ma con strada bianca di 10 km, vivono senza luce e con poca acqua di fonte che serve anche altri 3 caserii vicini. Hanno una scuola a 20 minuti di strada, ma è priva di classi, priva di banchi e maestri. In pratica è come se non ci fosse. In questo caserio ci sono 65 bambini su 25 famiglie per un totale di 230 abitanti. Qui solo 4 o 5 case sono costruite con i blocchi. Le altre sono di legno un po’ più grandi e migliori di quelle di Pancoch: il fuoco è sempre in terra, ma c’è un piccolo treppiede, due panche e tre sedie!
6 Aprile 2019 – Agricoltura estrema
Ieri sabato, ho camminato per tre ore e mezza passando da una aldea (frazione) all’altra. Ho incontrato molta gente al lavoro nelle milpe (campi), gli stessi dell’anno scorso. Lavorano in 10-15, qui è una famiglia, si mettono in fila, risalgono il monte e con un lungo bastone fanno un buco e ci mettono i semi… Alle 9 facevano colazione e mi hanno offerto da bere e da mangiare. Forse mi hanno riconosciuto per nome perché mi è parso in lontananza, sono timidi, di sentirmi salutare come Nino. Anche un uomo carico come un mulo, con un’ora di sentiero ripidissimo davanti, mi ha riconosciuto e come un altro, carico di un tronco di 60-80 kg, si è fermato e non solo il saluto, ma mi ha dato la mano… Fascio di legna circa 1 m di diametro e altezza; tronco da 30 per 1,5 m: retti dalla fascia sulla fronte!
Al termine dell’avventura
Anche questo lungo viaggio mi ha regalato tante esperienze belle e significative. Non nego di aver vissuto anche momenti di confusione e solitudine. Il dipartimento del Quiché per me è stata una novità assoluta e sconcertante. Mi son trovato a vivere lì, da solo, con il mio mondo, con i miei pregiudizi, i miei giudizi, le impressioni da elaborare. È mancato il confronto con le persone, che è l’unica chiave affinché l’estraneo non venga classificato come l’ennesimo turista curioso, ricco e sfaccendato, ma bensì un ospite amichevole. Uno che vuole condividere e convivere. Sono venuto tra loro come persona e cristiano che vive in Europa, non come ricco per sfruttare o essere sfruttato.
A Tamahú mi sento un paesano come loro. Con me ora sono molto più aperti, forse perché la mia visita non è stata una toccata e fuga, ma sono ritornato ancora tra loro, segno che ho gradito, che mi piace il posto e la gente. Qui con Alicia ho confronto giornaliero, mi ascolta e qualche volta condivide. Inoltre ho lavoro e alimento relazioni sociali. Nella pace di Tamahú approfitto per assimilare moltissime cose che forse un giorno mi porteranno a cogliere il senso di questi percorsi e, magari, a raccogliere i frutti di questa esperienza che sicuramente continuerà negli anni a venire, anche se tra poco divento nonno!
Mandi e bine Pasche!