La riforma ospedaliera del PD
Su richiesta del Dott. Alfio Englaro vi proponiamo questo suo articolo (già apparso su altre testate) che ci fornisce un immagine aggiornata della situazione ospedaliera in Carnia ed offre a noi alcune sue considerazioni e riflessioni in merito alla riforma Serracchiani-Telesca. Abbiamo scelto di pubblicarlo perché è un argomento che tocca tutti noi Carnici, treppolani compresi.
Note (e facili profezie) a margine
Vox clamantis in deserto
Di fronte all’assordante e inquietante silenzio che avvolge la Carnia, ritengo doveroso esprimere alcune considerazioni sulla annunciata (e ormai quasi concretizzata) riforma sanitaria del PD firmata Serracchiani-Telesca. Mi limiterò al solo aspetto ospedaliero riguardante la Carnia, perché è quello che conosco maggiormente e di prima mano. Ma prima occorre fotografare la situazione in era pre-Serracchiani. Eccola:
Tre per mille
Il numero di posti letto totale per acuti (dei due ospedali della vecchia ASL 3 “Alto Friuli”) era di 265 per una popolazione complessiva di 72.062 abitanti pari a 3,67 posti letto/1000 abitanti. Vediamo allora le cifre secondo la “nuova ristrutturazione” regionale. La nostra nuova vastissima ASS 3 “Alto Friuli-Collinare-Medio Friuli”, 40% del territorio regionale, comprende 4 Distretti:
1° Carnia (28 comuni, ab. 38.240),
2° Gemonese-Tarvisiano (14 comuni, ab. 33.822),
3° Sandanielese (15 comuni, ab. 48.252),
4° Codroipese (11 comuni, ab. 51.910) per un totale di abitanti 172.226.
In questa ASL vi saranno solo due H per acuti: Tolmezzo e San Daniele del Friuli i quali, (secondo quanto espressamente previsto a pag. 3 di “Linee per la gestione del SSR 2015”) dovrebbero avere 3 posti-letto-acuti ogni 1000 abitanti, cioè in totale ben 516 posti letto (i letti per i cronici dovranno essere 0,3 per 1000 abitanti). Siccome non è pensabile che gli abitanti del Codroipese (51.910) si ricovereranno in H Tolmezzo o San Daniele (ma si fermeranno naturaliter a Udine) nè che gli abitanti del Sandanielese (48.252) si rivolgeranno all’H carnico, resta come ultima ragionevole ipotesi la seguente: il vasto territorio montano comprendente i due Distretti di Tolmezzo e Gemona (abitanti 72.062) avrà come unico punto di riferimento-acuti l’H di Tolmezzo il quale, a quanto se ne sa, non aumenterà affatto la propria capacità di accoglienza (180 letti) per raggiungere la quota del 3 per mille. Infatti, il sopravvissuto H di Tolmezzo dovrebbe essere incrementato fino a 216 letti per acuti per raggiungere e rispettare il fatidico rapporto del 3 per mille, cioè dovrebbe avere ben 36 posti-letto in più rispetto ai 180 attuali.
Sicuramente 16 letti potrebbero essere ricavati nell’ala Ovest del 5° piano dell’H di Tolmezzo le cui stanze di degenza (perfettamente attrezzate e mai utilizzate) sono ancora impropriamente occupate da studi medici, ambulatori e uffici di segreteria; ne mancherebbero tuttavia ancora 20 per soddisfare la stessa Legge regionale che fissa 3 posti-letto-acuti ogni 1000 abitanti. Se però poi si pensa che le stanze dell’ala Est del 3°-5° piano (che hanno ancora 3 letti) debbono essere quanto prima riconvertite sugli standard moderni (2 letti per stanza), si capisce subito che l’offerta globale tolmezzina dei posti letto sarà invece ulteriormente ridotta.
Ed una (per ora promessa) Risonanza Magnetica in H Tolmezzo non risolverà certo questi problemi nè sopirà le perplessità e le preoccupazioni.
E l’ospedale di Gemona?
Con la nuova “ristrutturazione” della rete ospedaliera, l’H di Gemona perderà tutti i posti-letto per acuti (85) e quindi anche lo stato giuridico di H, venendo dequalificato e trasformato in “Presidio Ospedaliero per la Salute” (sic! l’aggettivo sparirà magari dopo le prossime elezioni regionali del 2018) che accoglierà: Lungodegenza, Riabilitazione, AFT (Aggregazione Funzionale Territoriale, entità di nuovo conio, gestita direttamente dai medici di base) e un indefinito PPI (Punto di Pronto Intervento). L’H-acuti di Gemona ha invece (a nostro sommesso avviso) un suo ineludibile e insostituibile ruolo per il territorio di cui è baricentro e non è ipotizzabile che le coorti di pazienti che finora vi avevano trovato ottima accoglienza e tempestive cure (specie nel reparto di Medicina Generale e PS) possano essere tranquillamente dirottate su altri H già in affanno. A meno che alcune ”patologie acute” non vengano depennate d’ufficio dall’elenco delle “acute” e siano ribattezzate “croniche” con grande sollievo del legislatore regionale che avrà trovato così la quadratura del cerchio. Ma io ritengo sempre che possa sopravvenire un positivo ripensamento da parte dei padri (zii e zie) di questa riforma e che l’H acuti-Gemona sopravviva…
Un volantino rassicurante
Nei primi giorni di marzo 2016, l’ “Azienda” ha celermente diffuso a tutte le famiglie del gemonese, un depliant policromatico in cui viene affermato quanto segue:
1. “Tutte le cure di base per la popolazione locale continueranno ad essere garantite come oggi, sia a livello ambulatoriale che di ricovero, tramite gli 80 letti della “struttura intermedia polifunzionale”.
2. “Ulteriore sviluppo del Day Surgery (= interventi chirurgici con dimissione la sera): ernie addominali, interventi per carcinomi cutanei, interventi urologici, interventi al ginocchio e molti altri). Grazie alla specializzazione dell’offerta hanno iniziato ad essere effettuati in day surgery anche interventi che una volta erano più invasivi e richiedevano ricoveri ordinari, quali per esempio interventi alla spalla o all’avampiede”.
3. “Entro marzo il Pronto Soccorso (PS) di Gemona sarà riorganizzato come Punto di Primo Intervento (PPI). I medici del nostro PPI continueranno ad essere medici con esperienza di pronto soccorso/emergenza, e saranno presenti 24 ore al giorno, 7 giorni su 7… I medici della Struttura, tutti ospedalieri con grande esperienza, decideranno per ogni caso specifico chi trattenere a Gemona e chi ricoverare in altro ospedale”.
4. “Entro giugno il reparto di Medicina verrà ridefinito come Struttura Intermedia Polifunzionale. Il numero complessivo dei posti letto di Gemona resterà invariato ed anzi verrà aumentato mano a mano che verranno effettuati i lavori di ristrutturazione previsti”.
5. “Tutti gli spazi del Presidio Ospedaliero di Gemona verranno utilizzati più intensamente rispetto al passato ed il numero di medici e operatori che oggi vi operano (circa 190) resterà invariato“.
6. “Il nuovo piano dell’emergenza per l’AAS3 comporterà la ridistribuzione delle ambulanze sul territorio con l’attivazione di 4 nuovi Punti Ambulanza (3 mezzi in più rispetto ad oggi, con dotazioni complete)… Con il nuovo piano per l’emergenza, è prevista, l’assunzione di 50 operatori in più rispetto ad oggi (medici, infermieri, operatori sociosanitari/autisti soccorritori)”.
Obiezione ai singoli punti:
1. se restano invariati i posti-letto (con relativo personale), dov’è il risparmio?
2. I piccoli interventi chirurgici possono essere benissimo eseguiti in una qualsiasi RSA; se però si vorranno eseguire anche ernioplastiche addominali o interventi alla spalla o al piede, sarà necessaria comunque la presenza dell’equipe di anestesia, della sala operatoria ecc.
3. Quale sarà la differenza pratica tra il PS ed il PPI, se saranno gli stessi medici ospedalieri ad essere presenti 24h/24h? qui si configura un reale demansionamento professionale del medico che, non potendo più affrontare istituzionalmente tutte le patologie acute, dovrà decidere (su quali basi oggettive e soggettive?) chi trattenere a Gemona e chi spedire altrove, anche perchè la indispensabile Area di Emergenza (di cui mai nessuno ha osato parlare) sarà cancellata con un tratto di penna (?!)
4. Il reparto di Medicina assumerà un nuovo nome, restando invariati i posti-letto (e le spese): quali patologie allora saranno qui gestite?
5. Se resterà immutato il personale medico e infermieristico, dove sarà il tanto conclamato risparmio?
6. I 4 punti-ambulanza in più e le assunzioni di 50 operatori in più, riguardano tutta la vastissima ASS 3 (172.000 persone, 40% territorio regionale: da Forni di Sopra-Timau-Tarvisio a Codroipo-Mortegliano-Talmassons!).
Conclusioni: ho la sensazione che ci si trovi di fronte al trasformismo nominalistico più raffinato ed al Gattopardismo più istruito (“cambiare tutto per non cambiare nulla”) oppure ci troviamo realmente invece di fronte ad un inusitato spreco di risorse umane (persone utilizzate ad un livello inferiore della loro professionalità) che determina così uno spreco di denaro pubblico (personale demansionato pagato come prima). In sintesi: erogazione di prestazioni inferiori a costi invariati (se non addirittura maggiorati!).
Una inaugurazione mediatica
Il 23 marzo 2016 a Gemona è stata poi “inaugurata” la nuova Emodialisi in più spaziosi e luminosi locali… Ma sappiamo benissimo che la Emodialisi funziona egregiamente a Gemona fin dal 1988, situata finora in un ambiente angusto e forse poco accogliente (mai nessuno se ne era lamentato); ora la logistica è certamente migliorata, ma: questo tipo di emodialisi routinaria può essere effettuata tranquillamente anche in una qualsiasi RSA o Lungodegenza (la emodialisi urgente sarà sempre e comunque eseguita solo a Tolmezzo o San Daniele – Udine), mentre addirittura la Dialisi peritoneale viene auto-eseguita dal paziente stesso a domicilio nelle ore notturne, senza bisogno di alcun medico o infermiera. Aver voluto amplificare oltre misura questa ennesima inaugurazione di un Servizio “cronico”, ha solo il sapore di una passerella mediatica tesa a ammorbidire gli animi dei meno avveduti…
Pronto soccorso: snodo cruciale
Sono stati resi pubblici i dati relativi agli accessi nei Pronto Soccorso regionali nel 2015 (MV 7.4.16). Vediamo da vicino quelli che ci riguardano:
Ora dunque, considerando che il PS di Gemona (con la sua Area di Emergenza) sarà chiuso (e sostituito da un vago PPI), c’è da attendersi nei prossimi mesi che parte dei codici verdi e tutti i gialli e rossi gemonesi convergano (anzichè sul già affollatissimo PS di San Daniele) sul PS Tolmezzo (ipotizzando quanto meno che i codici bianchi e parte dei verdi vengano trattenuti e trattati dal PPI e AFT di Gemona): una mole non indifferente per il PS Tolmezzo ed un enorme alleggerimento per il PPI di Gemona che tra qualche tempo magari, essendo via via sempre meno frequentato, verrà chiuso (eventualmente) nelle ore notturne, ovviamente sempre per “risparmiare”! Un discorso a parte meriterebbe l’analisi dei codici, attribuiti peraltro in maniera soggettiva, per capire anche la funzione “sociale” (codici bianchi) del Pronto Soccorso in montagna.
In questa ottica e forse per mettere le mani avanti, sono stati resi noti (MV 7.4.16) anche i tempi di attesa massima che si dovranno rispettare per i nuovi codici di ingresso (non più 4 ma 5). Eccoli:
Codice 1 (emergenza): visita immediata.
Codice 2 (urgenza con rischio di compromissione vitale): attesa 15 minuti.
Codice 3 (urgenza differibile): attesa 60 minuti.
Codice 4 (urgenza minore) attesa 120 minuti.
Codice 5 (non urgenza): attesa 240 minuti.
Per cui prima di recarsi al PS, sarà opportuno d’ora in poi verificare preventivamente su internet a: Situazione nei pronto soccorso e controllare la disponibilità di accoglienza (con annessa tempistica), riservata al cittadino-contribuente italiano.
Prima profezia
Che potrebbe succedere in realtà quando chiuderà l’ H-acuti di Gemona? E’ molto semplice:
I Reparti tolmezzini saranno sempre strapieni (con maggiore ricaduta sul reparto di Medicina Generale e Pronto Soccorso ma forse anche sui delicati Servizi di Oncologia e Cardiologia) con un turn-over di ingressi-dimissioni impressionante e rischioso, con letti sui corridoi come nei primi anni ’80 del secolo scorso, quando non era stata ancora costruita l’ala EST ed i malati venivano posteggiati a vista e “riparati” con tendaggi improvvisati tra le proteste di parenti e visitatori.
Conseguentemente, molti malati “acuti” (normali, non specialistici) verranno dirottati su H di S. Daniele del Friuli (che non vivrà certo tempi migliori) o su Udine (che verrà soffocato dagli ulteriori arrivi di pazienti provenienti da altri H chiusi) con gravissimi disagi per malati e parenti, la cui rabbia esploderà allora sui mass media locali (che non si siano trasformati nel frattempo nell’ufficio-stampa della Giunta regionale) e nelle Procure… Queste considerazioni non costituiscono banale e semplicistico catastrofismo o allarmismo sociale, ma sono solo una fin troppo facile profezia che si auto-avvererà nei prossimi mesi… E di questi tempi non vorrei affatto essere un medico di Pronto Soccorso perché, se le responsabilità civili ricadranno sulla cosiddetta “azienda”, le responsabilità penali restano sempre personali e soggettive.
Seconda profezia
I medici e le infermiere dell’H di Tolmezzo (specie quelli della Medicina e del PS), salvo un improbabile aumento di personale (che la attuale politica del “risparmio” esclude a priori), si ritroveranno con un carico di lavoro improvvisamente nettamente aumentato (del 20-30-40%?) sia in orario diurno che notturno, con facili e prevedibili ricadute negative non solo sul benessere psico-fisico degli stessi operatori sanitari ma anche sull’adeguato trattamento del malato, che sarà l’incolpevole silenzioso percettore terminale di questa Riforma (di) sinistra.
Terza profezia
Per “risparmiare”, ope legis sono stati aboliti alcuni primariati così che alcuni Reparti dislocati a Tolmezzo e San Daniele (titolari quindi di un solo primario) saranno spesso sguarniti fisicamente del Responsabile apicale che dovrà dividersi a scavalco tra i due ospedali, distanti tra loro decine di km, situazione questa che potrebbe determinare probabili incertezze e insicurezze non solo tra i pazienti ma anche tra medici e infermieri, trovandosi essi privi, magari nel momento dell’urgenza complessa, del Responsabile, magari il solo in grado di risolvere, tecnicamente e giuridicamente, questioni complesse, nonostante la telecomunicazione (Skype, videoconferenza…) in tempo reale. Insomma un “primariato diffuso” (termine coniato dall’amico C.C.) che, al pari del “cugino alberghiero”, potrebbe rivelarsi non all’altezza delle situazioni e generare perdite…
I mitici risparmi
Nessuno ha mai fatto conoscere quale sarà la effettiva consistenza dei risparmi ECONOMICI reali che sottendono a questa riforma, a fronte degli infiniti sprechi e malversazioni della pubblica amministrazione, rivelati quotidianamente dai mass media locali e nazionali. Perché non verificare preliminarmente la giungla retributiva della farraginosa Amministrazione Regionale in genere e di quella Sanitaria in particolare, prima di andare a tagliare gli H periferici o di negare alcuni esami bioumorali/radiologici ai comuni cittadini? Perché non è stato modificato (o abolito) l’antipatico e odioso istituto della “libera professione intra moenia” che sottrae tempo e denaro alla medicina pubblica, allunga le liste di attesa e crea corsie preferenziali? Non oso neppure toccare il surreale aspetto dei cosiddetti “premi di produttività aziendale” elargiti… Nessuno infine dice come verrà impiegato il personale delle strutture sanitarie dismesse, considerando che nessun dipendente pubblico può venire licenziato per “fallimento o riconversione” dell’azienda (così come invece avviene nel privato o semi-privato: vedi il recentissimo e dolorosissimo crack della Cooperativa Carnica dove centinaia di persone hanno perso il lavoro dall’oggi al domani a causa di una gestione economica fallimentare). Senza dire che l’eventuale trasferimento d’ufficio di personale sanitario o amministrativo in altra sede, costerà certamente sia in termini sindacali che economici (indennità di trasferta?). E allora: in quali anfratti è nascosto il tanto decantato risparmio economico previsto? Avverrà forse quando i licenziandi (ma non licenziabili) saranno morti o andati in pensione?
Ambiguità freudiana
Nessun politico o medico-politico ha mai chiarito infine questa freudiana ambiguità: perché il complesso sanitario nazionale o regionale si chiama SERVIZIO (SSN e SSR) mentre le singole espressioni locali sono considerate AZIENDE (Azienda sanitaria)? E si sa bene che il termine SERVIZIO non sottintende profitti mentre AZIENDA si fonda sul profitto. Ma in questo caso: di chi?
Motivazione inconsistente
Si è voluto sostenere (da parte dei riformatori) che i “risparmi” derivanti dai tagli ospedalieri andranno a beneficio della medicina territoriale ma tutti sanno che la medicina territoriale e domiciliare funziona egregiamente da molti anni in Carnia, da ben prima dell’avvento della coppia riformatrice Serracchiani-Telesca, e non ha implicato mai tagli dolorosi alla rete ospedaliera, che resta sempre la spina dorsale di una sanità efficace ed efficiente.
Qualità del servizio sanitario
La qualità del servizio erogato al paziente in H dipende sempre e comunque dalla professionalità e dalla umanità del singolo operatore che incontri (medico e infermiere) e mai dalla etichetta che il reparto espone: può infatti succedere che nel medesimo Reparto coesista il massimo della qualità insieme al suo contrario. Occorre ricordare anche che l’eccessivo recente carico burocratico penalizza pesantemente l’attività degli stessi operatori sanitari (cui viene sottratto tempo prezioso) e compromette così in maniera significativa il rapporto paziente-medico/infermiere con inevitabile aumento del contenzioso e della conflittualità, in un clima di sfiducia e di frustrazione esistente all’interno del mondo ospedaliero: se sorge ad esempio un contenzioso che poi risulta insussistente, nessuno risponde del danno provocato agli operatori sanitari coinvolti (stress emotivo, danno d’immagine…). Va infine considerato il progressivo invecchiamento del personale ospedaliero (causato dalla riforma pensionistica Fornero) che genera diffuse limitazioni lavorative agli operatori stessi più anziani e impedisce spesso l’assunzione di forze giovani e motivate.
La pervasiva burocrazia
La elefantiaca burocrazia sanitaria, per giustificare in qualche modo la propria esistenza, sembra quasi obbligata ad aumentare il lavoro burocratico sia internamente ad essa che nei confronti degli operatori. Sono state create decine di procedure nella azienda sanitaria con l’obiettivo di garantire la sicurezza ma che inevitabilmente hanno appesantito la già complessa macchina operativa sanitaria, venendo sempre meno il carattere di discrezionalità e di autonomia nell’attività del singolo operatore.
“Per amore del mio popolo, non tacerò” (Is 62,1)
Finora non si è levata una sola voce dissonante o timidamente critica nei confronti di questa cosiddetta “riforma sanitaria” che va a penalizzare i ceti più fragili della società e potrebbe mettere a rischio l’attuale standard di assistenza pubblica ai cittadini (i quali potrebbero essere sospinti sempre di più verso la medicina privata); una riforma pianificata a tavolino da esperti teorici (che hanno perso, se l’hanno mai avuto, il contatto con la gente reale) e veicolata da mass media compiacenti “sotto quota radar” per non essere rilevata dalla popolazione. Dove sono i sindaci di Carnia e quello di Tolmezzo in primis? Dove i primari ed i medici di Carnia? Dov’è il clero con il suo muto vescovo? Come sono passati i tempi “pionieristici” della “Mozione del clero friulano” del 1967 e quelli dei “Problemi socio-economici della Montagna” e del “Progetto Montagna” del 1987 e quelli del “Convegno Diocesano sui problemi della Montagna” del 2000, quando la situazione generale di Carnia (su cui si discuteva animatamente) era certo meno tragica di oggi! Ma oggi queste tre categorie sociali di sorestanz (sindaco, medico, prete) sono impegnate su altri fronti, certamente più redditizi dal punto di vista mass-mediatico e del politicamente corretto, e stanno perdendo rapidamente di vista la realtà che li circonda nè avvertono più il polso e il respiro del popolo.
Quando Debora Serracchiani “tornerà politicamente” a Roma, lascerà in Carnia cumuli di macerie… macerie nella Sanità… macerie nel PD… Quelle del Tribunale e della CoopCa sono ancora fumanti…
Addendum
Il testo di questa lunga riflessione era stato inviato via e-mail nel mese di marzo a diversi organi di stampa locali accompagnati da una breve presentazione. Lo hanno pubblicato (in parte o integralmente) solo: “Asou Geats” di Timau, “la Dalbide” di Cercivento, il “Bollettino parrocchiale” di Gemona del Friuli. Nessun altro lo ha fatto. La Parrocchia di Tolmezzo, cui era stato inviato il testo per ben due volte (la seconda volta con una premessa in latino!), non ha neppure mai risposto: ce creance!
E dire che nel non lontano 2004 la stessa Diocesi di Udine (con le Foranie della Carnia in prima linea) si era apertamente schierata (nel referendum poi perso) con tutti i suoi mezzi mass-mediatici a favore della Provincia della Montagna (che sarebbe diventata, ahimè, solo un ennesimo carrozzone politico ed oggi già abolito). Ora che è in gioco la salute (quantomeno fisica) delle anime ad essa affidate, la “chiesa carnica” ha preferito tacere con un silenzio assordante e molto imbarazzante, direttamente derivante dal motto curiale “Mota quiescere et quieta non movére” che più prosaicamente sarebbe poi il manzoniano “Sopire e troncare, padre molto reverendo… troncare e sopire!”.
Dott. Alfio Englaro
FONTE ORIGINARIA: