GIORGIO CELIBERTI

(Udine 1929)

Giorgio Celiberti comincia giovanissimo a dipingere, appena diciannovenne partecipa, infatti, alla Biennale di Venezia del 1948, la prima del dopoguerra. A Venezia frequenta il liceo artistico e poi lo studio di Emilio Vedova.  Intense le frequentazioni con Carlo Ciussi, Marco Fantoni e Romano Parmeggiani, che negli stessi anni vivono a Venezia un periodo di formazione. Celiberti agli inizi degli anni Cinquanta si trasferisce a Parigi, dove entra in contatto con i maggiori rappresentanti della cultura figurativa d’oltralpe. Inizia così una serie di viaggi che rimarranno fondamentali per la sua formazione: nel 1956 vince la borsa di studio del Ministero della Pubblica Istruzione che gli consente di soggiornare a Bruxelles, dove ebbe modo di completare le proprie ricerche sull’arte d’avanguardia.

Dal 1957 al 1958 è a Londra: erano gli anni in cui dominava l’espressionismo di Bacon e Sutherland. Viaggiatore instancabile, curioso, assillato interiormente da una febbre di novità e di conoscenza, soggiornò negli Stati Uniti, in Messico, a Cuba, in Venezuela. Da queste esperienze ha tratto un repertorio di segni, di tecniche, che ha rielaborato negli anni successivi. Al rientro in Italia si trasferisce per un lungo e fruttuoso periodo a Roma, dove frequenta gli artisti di punta del panorama italiano. Il ritorno a Udine, verso la metà degli anni Sessanta, ha consentito a Celiberti di avviare un lavoro di riflessione su se stesso, che dura tuttora, ricco di esiti creativi caratterizzati sempre da una divorante ansia di sperimentazione.

A partire dagli anni Sessanta si dedica specificatamente alla scultura, anche se la sua attività creativa si è caratterizzata, con sempre maggiore accentuazione, per un originale simbiosi tra l’espressione plastica e pittorica. Le prime opere in bronzo, in pietra e in ceramica sono dedicate ai temi monumentali dei Cavalli e Cavalieri, seguiti da un originale galleria faunistica: Gatti, Uccelli, Capre. Successivamente, la scultura abbandona l’impostazione di grandiosità monumentale per intessere un colloquio privato con le tracce di un passato ancestrale, che sembrano affiorare da un inconscio collettivo, di cui l’artista si pone come l’ispirato portavoce. In affinità con le tematiche “Archeologiche” della pittura, nascono le Schegge, le Stele, che ricordano remote pietre tombali incise di enigmatiche iscrizioni geroglifiche, i Bassorilievi, simili a lacerti di civiltà perdute affondate in un passato immemorabile.

Ha partecipato alle più significative manifestazioni d’arte in Italia e all’estero. Un’antologica di pittura viene allestita nel 1980 alla Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo (Gorizia). Della primavera dell’anno successivo è la mostra a Villa Simes Contarini di Piazzola sul Brenta (Padova), nel cui parco ad affiancare il centinaio di pitture presentate nelle sale, vengono ambientate le grandi sculture in bronzo, in pietra e in acciaio. L’esperienza di Villa Simes è ripresa e sviluppata nell’estate del 1985 all’interno e nei parchi delle Ville Venete di Carbonera (Treviso). Nello stesso anno Giorgio Celiberti, invitato dal Comune e dall’Azienda di Soggiorno e Turismo di Trieste, colloca per un anno intero monumentali Stele in acciaio e resine nelle principali strade e piazze del capoluogo giuliano, sculture in bronzo al Castello di San Giusto e in pietra al Castello di Miramare. La mostra si sposta da Trieste a Udine snodandosi al castello, in città e presso il Centro Friulano di Arti Plastiche.

Anche tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta proseguono le esposizioni prestigiose in Italia e all’estero: Mostra alla Fondazione Pagani di Legnano (1987); antologica a Villa Varda di Brugnera di Pordenone, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, all’Art L.A. di Los Angeles (1989); Mostre alla Galleria Davico di Torino; alla Galleria Forni di Bologna, dell’Art London di Londra, dell’Art Forum di Dusseldorf, alla Sala Pares di Barcellona, personale alla Galleria Giulia di Roma (1990); mostre all’Arco di Madrid, al Gran Palis di Parigi, al Salone di Settembre di Venezia, alla Galleria Rotta di Genova e nuova antologica di pittura e scultura negli spazi della Fondazione G. E. Ghirardi di Villa Simes Contarini a Piazzola sul Brenta (1992); personale alla Galleria Annunciata di Milano, rassegna di affreschi alla Galleria B. S. di Venezia, esposizione di bronzi monumentali nella città di Millstatt, in Austria (1993). Nel 1991 Celiberti ha eseguito anche due prestigiose realizzazioni pubbliche: il Mosaico dell’amicizia nell’atrio dell’Università di Lubiana e l’affresco di oltre 800 metri quadrati di superficie sulla volta dell’hotel Kawajyu di Shirahama, in Giappone.

L’attività espositiva nel 1998 testimonia il crescente interesse per l’artista: sculture di Giorgio Celiberti sono inserite in un contesto europeo ambientato nei bastioni delle mura di Treviso; Lignano Sabbiadoro ospita altre sculture monumentali ed il Maestro tiene una personale nella galleria Angel Orentsanz Foundation di New York, al Museo di Saint Paul de Vence e al Museo di Zagabria. Nel 2003 Celiberti vince il Premio Sulmona e nel 2004 la sua città natale, Udine, gli dedica un’antologica al Teatro “Giovanni da Udine” con un’ampia rassegna delle sue recenti produzioni. Nel 2005, il Museo Villa Breda di Padova ospita: “Giorgio Celiberti Antologica dalla Biennale a Giotto” e il Principe Emanuele Filiberto di Savoia dona al MART di Trento e Rovereto un grande dipinto di Celiberti, che viene inserito nella collezione permanente del Museo. Nel 2006 ha una personale alla Casa Museo della Fondazione “Cima da Conegliano”. Nel 2008 le sculture dell’artista sono ambientate nei luoghi più significativi del centro storico di Cividale del Friuli. Nel 2009 grandi mostre: al Museo Ebraico di Venezia, a Roma, all’Abbazia di Rosazzo e a Monaco di Baviera.

Questo artista è passato da una pittura figurativa, caratterizzata da una pennellata sicura e sintetica sia nel segno che nell’impiego del colore, a un indirizzo di carattere più intimista, rapportato alla riflessione sulle tragiche vicende dell’avventura umana, scritta nelle orme della storia, e quindi ai sentimenti affioranti dal cuore dell’uomo, dibattuto fra il dolore e la speranza. Riflessione questa che si è dipanata in un ciclo di opere particolarmente rappresentativa del linguaggio di Celiberti, ispirate alla visita traumatizzante dei campi di concentramento, che hanno negato la dignità dell’uomo e oltraggiato soprattutto la vita dei bambini. In queste opere la tavolozza si restringe nell’uso di pochi colori, fra i quali è dominante il nero, attraversato come un fondale notturno, da segni graffiati, da striature intense di colori, allusivi dei palpiti dell’animo e della vita.

L’opera esposta nella Galleria De Cillia, intitolata “Gatto notturno” (olio di cm 90×100, del 1967) entra a far parte di questo indirizzo espressivo. L’animale è nero ed è immerso tra blu e verdi notturni. Per accedere ad ulteriori dati relativi alla catalogazione del quadro consultare il sito www.beniculturali.regione.fvg.it.