In viaggio con Nino (seconda parte)
Continuiamo il nostro viaggio a fianco del nostro Nino che è recentemente ritornato nelle terre del Guatemala a lui tanto care. Conosceremo luoghi, storia, costumi e tradizioni del popolo guatemalteco. Attraverseremo i distretti e le strade delle città che visiterà e godremo degli splendidi paesaggi che questo affascinante territorio offre. Le parole di Nino ci accompagneranno in questo particolare pellegrinaggio, per farci comprendere al meglio tutto ciò che lo circonda.
10 Dicembre 2018 – Si parte per il vulcano San Pedro
Questo è il mio primo giorno giorno a Panajachel. Subito dopo colazione mi reco al porto e prendo una lancia pubblica a motore per recarmi a San Marcos, un attraente paesino posto a 2400 metri s.l.m. La guida del conduttore è decisamente spericolata, in acqua, quanto su strada! Non posso dire che abbia mezze misure, o fermi o a manetta. Certi sobbalzi e certe panciate mi stravolgono ma ne vale la pena, perché il lago è bellissimo, un incanto. Visito anche il paese e riposo un po’, faccio quasi il turista e mi preparo alla salita del vulcano San Pedro che mi aspetta domani: 6 ore in andata e ritorno, da 1500 del livello del lago, ai 3000 della vetta. Avrò problemi d’altura penso, ma sono ben motivato.
11 Dicembre 2018 – Una brutta disavventura…
Alle 6 lascio l’hotel e raggiungo il porto. In poco tempo sono al villaggio di San Pedro e in Tuctuc arrivo al campo base. Le guide mi invitano a depositare tutti i miei averi nel loro ufficio per pericolo di rapine. Così faccio ed una di loro mi accompagna per mezz’ora dandomi tutte le istruzioni del caso. Poi faticosamente salgo. Ce la metto tutta, con piccole soste per riprendere fiato, frequenti ma rigeneranti. Il sentiero è molto ripido e ci impiego tutte le 3 ore prescritte. Ogni tanto la mente pensa al fatto di poter essere aggredito in qualsiasi momento, ma mi rincuoro sapendo di essere in compagnia. La cima (me lo aspettavo) non presenta il cratere nudo e con presenza di lava o di altri segni eruttivi. La sua inattività ha lasciato il posto ad una fittissima vegetazione. Un panorama stupendo mi lascia senza parole. Dopo mezz’ora di sosta inizio lentamente a scendere perché voglio fotografare l’interessante flora che mi circonda. Vengo raggiunto da una guida con passo spedito assieme al suo giovane turista. Li seguo per un po’, a fatica.
Poi percorro un lungo tratto in solitudine, e qui i pensieri preoccupanti ritornano! Faccio una lunga pausa di riposo in un tratto pianeggiante. A 20 metri di distanza c’è una ripida curva a gomito. Dietro a me scende una ragazza (20 anni), che mi incrocia e mi saluta. “Hola-Hola” ci diciamo. Lei prosegue ma non appena la ragazza scompare dalla mia vista dietro la curva, vedo sbucare dalla selva due uomini vestiti di nero, mascherati,che agitano il machete. Per un attimo penso ad uno scherzo goliardico, poi però mi rendo conto della realtà e mi metto ad urlare aiuto, pericolo, correndo verso la curva. Non si erano accorti di me, credo. Mentre il primo si avventa verso la ragazza, l’altro quando mi vede, fa retromarcia e mi raggiunge brandendo il machete. Sono costretto ad arrestarmi. Non vedo, ma sento la ragazza urlare acutissimamente.
Penso che la ragazza sia scappata, ma vorrei essere sicuro ed avanzo brandendo il bastone fra le mani, mantenendo a distanza l’aggressore infuriato per la mia reticenza. Grido e lui colpisce col machete la mia mano sinistra. Non provo dolore, ma sento e vedo sanguinare. Non sono terrorizzato, temo il peggio. Intanto l’altro, umiliato perché la ragazza è fuggita, ritorna sui suoi passi e punta il mio zaino sulle spalle. Grida così al complice “tiene mucilla, mucilla”. Quello che mi ha colpito (e che presumo sia il capo), è più grande, si ferma un attimo. L’altro tenta di prendermi lo zaino, ma il capo gli ordina: “vamonos, vamonos”. Allora scompaiono da dove erano arrivati. Credo avesse percepito rumori, peraltro inesistenti.
Ho il tempo così di fasciarmi la ferita che mi pare grave, anche se non troppo sanguinante. Lo faccio usando la felpa e poi decido di spostarmi: è più sicuro! Scendo fino a un “Mirador” (struttura per ammirare il panorama) attraverso il quale si accede al secondo piano con una scala stretta. Lì posso difendermi, penso, poi arriverà qualcuno…
Mentre controllo e rifaccio la fasciatura, mi tranquillizzo perché perdo poco sangue e le dita (anulare e medio) non sono troncate, mi appare una seconda ragazza. È la compagna della prima, le avevo notate sulla cima. La informo in modo concitato che è in pericolo. Capisce solo inglese ma in qualche modo riesco a convincerla e a salire sul Mirador. La rassicuro che la sua amica è scappata senza conseguenze. Era preoccupata per il sangue. Durante l’aggressione ascoltava musica e non si è accorta di nulla. La convinco a scendere con me, c’è più di un’ora di cammino e non vorrei perdere le forze. Dopo un quarto d’ora incontriamo delle guide che salgono. La ragazza, sana e salva aveva dato l’allarme. Ora mi sento sicuro così chiedo ad una guida di scendere ad organizzare il soccorso per me. Le altre due salgono verso la vetta (non si sa a che fare visto che un’ora dopo un altro turista olandese viene aggredito e derubato dagli stessi due banditi!).
Giungo alla base dove trovo alcune guide e un Tuctuc che vorrebbe condurmi dalla polizia. Mi faccio ridare le mie cose, loro non ci pensavano nemmeno. Voglio fumare una sigaretta. Non ho mangiato nulla e sono le tre del pomeriggio. La ragazza che si è salvata mi saluta, ma mi pare non se ne renda conto. Le dico di denunciare l’aggressione. Pare risponda che lo farà. Pare anche che mi ringrazi. Si sta confidando con l’amica. Strano mondo quello giovanile/inglese!
Riavute le mie cose ordino che mi portino al centro medico, della polizia non mi frega: doveva essere lì. Non dovevo essere io ad andarci!!!
Mi portano al centro medico ed una dottoressa mi cuce una parte, ma dell’altra non sa cosa fare. Devo comunque fare delle radiografie all’ospedale a Sololà, dice! A quel punto protesto vivamente. Come faccio ad andarci se non ho idea di dove sia? Fortunatamente una guida si offre di accompagnarmi ed arriva anche la polizia in moto. Col Tuctuc raggiungo la stazione. In quel momento trovo l’olandese assalito un’ora dopo di me che sta depositando una denuncia! Son passate due ore e la giuda (un buon samaritano) mi dice che se si ritarda ancora non può accompagnarmi. Protesto vivamente dicendo che è compito della polizia accompagnarmi. Risposta: non hanno soldi, ma mi danno ragione!
Arrivo in ospedale quindi con la guida. In ospedale sono trattato bene anche se sembra un porto di mare. Mi fanno le lastre e sembra tutto a posto, ma un pezzetto di dito non si può attaccare, dicono comunque che ricrescerà.
Esco che sono le otto di sera. Non passano mezzi e fa un a freddo cane. Dopo oltre mezz’ora trovo un Taxi che mi riporta a Panajachel offrendo un passaggio ad una coppia intirizzita come me con bimba malata. Alle nove mangio qualcosa e rientro in hotel alle 22. Ero in piedi dalle 6 e per fortuna lo sono ancora. Fra me e me considero: va beh che son venuto per dare una mano!
Vi lascio con una foto della casa in cui abito insieme al parroco e a tre operai e due donne e una bimba che piange se mi avvicino!! Sto bene veramente e son contento. Mandi!