CARLO CIUSSI
(Udine, 1930 – 2012)
Partito da una iniziale esperienza figurativa Carlo Ciussi si è orientato decisamente verso l’astrattismo geometrico, sviluppando una intensa e ampia attività operativa, non solo sul piano grafico e pittorico, ma anche nell’ambito della scultura e nell’applicazione, entro architetture di interni, dei moduli astratti elaborati con diverse varianti.
Frequentò il liceo artistico a Venezia, studiando con De Luigi e Maioli, avendo però già fatto una prima esperienza artistica nell’atelier di Fred Pittino. Venne a contatto con le esperienze artistiche di Vedova, Santomaso, Pizzinato, Viani. Lavorò nella tipografia del padre durante gli anni 50 e nel contempo in lui maturano gli influssi dell’ambiente veneziano con i pittori studiati e frequentati. Nel 1952 partecipò alla Biennale Internazionale dei Giovani di Gorizia, mentre nel 1953 tenne la sua prima mostra personale a Palazzo Barberini, a Roma; nel 1954 partecipò al Premio di pittura Città di Pordenone e nel 1955 alla VII Quadriennale d’Arte Contemporanea Italiana al Palazzo delle Esposizioni di Roma. Nel 1960 alcune nature morte rappresentarono una svolta nel suo lavoro, gradualmente traghettato dalla figurazione all’astrazione.
Nei primi anni Sessanta frequentò inoltre assiduamente il critico Giuseppe Marchiori e Afro Basaldella; fu influenzato dalla pittura di quest’ultimo per poi prenderne le distanze. Al termine della stagione informale, Carlo Ciussi aveva quindi già elaborato un suo linguaggio che lo portò ad interpretare il mezzo pittorico in maniera sempre più personale. Nel 1964 espose alla XXXII Biennale di Venezia, invitato da Afro che era membro della Sottocommissione per le Arti Figurative della Biennale. Esporrà con Mario Nigro (a sua volta invitato da Lucio Fontana) in una sala personale nella quale i due artisti espongono cinque opere a testa. Numerose furono le mostre in Italia e all’estero, tra cui la XLII Biennale di Venezia nel 1986.
La sua affermazione, che ha superato ben presto l’ambito regionale, lo ha fatto collocare fra i maggiori protagonisti dell’astrattismo geometrico. Il suo operato si è articolato sulla base dell’assunto matematico – strutturalista della impaginazione dei quadri, che ne ha caratterizzato lo stile per tanti anni, fino a giungere, nell’ultimo periodo, a un allentamento dello schematismo geometrico della composizione e delle campiture di colore, per ottenere una maggiore libertà creativa.
E’ questo il periodo delle volute, delle fluttuazioni di serpentine che sembrano galleggiare su un fondo fluido, analizzato da Gillo Dorfles con questi giudizi:”…Ecco, allora, come un tipo di operazioni di severa vigilanza sull’essenzialità cromatica, viene ad essere fecondato dagli impulsi offerti dal caso – anzi da un ‘caso guidato’ – in maniera da ottenere così il massimo controllo, ma anche la massima libertà di operare”. Per quanto concerne l’opera presente nel museo De Cillia, un olio di cm 40×50 del 1975 intitolata “Composizione”, si tratta di un lavoro tipico del periodo rigorosamente geometrico. “Per questo i suoi colori non possono essere che campiture, nelle quali, come nella ‘composizione’, al rigore del perimetro e della circonferenza corrisponde quello degli svolgimenti cromatici”.
Per accedere ad ulteriori dati relativi alla catalogazione del quadro consultare il sito www.beniculturali.regione.fvg.it.