GIUSEPPE ZIGAINA

(Cervignano, 1924 – Palmanova, 2015)

Giuseppe Zigaina è uno dei più importanti e significativi pittori italiani del Novecento. Fondamentale per lui l’incontro nel 1946 con Pier Paolo Pasolini con cui stabilisce profondi legami sia umani che artistici destinati a sopravvivere alla morte del poeta. Nel 1949 espone a Roma alla Galleria d’Arte Moderna. Nello stesso anno realizza tredici disegni per una raccolta di poesie dell’amico Pier Paolo Pasolini intitolato Dov’è la mia Patria edita dall’Academiuta de Lenga Furlana di Casarsa della Delizia, il paese natale della madre del poeta, in Friuli, presso Pordenone.

Gli anni Sessanta sono molto intensi: viene invitato a far parte della Società Europea di Cultura e dell’Accademia San Luca di Roma, collabora al film Teorema di Pier Paolo Pasolini e gli viene affidata la parte del frate santo nel Decameron.

Nel 1984 inizia un periodo di insegnamento all’Art Institute di San Francisco e presenta ufficialmente alla Berkeley University la sua teoria rivoluzionaria sulla morte/linguaggio di Pasolini. Nel 1995 la casa editrice Electra gli dedica una monografia in due volumi dedicata alla pittura e all’opera incisoria curata da Marco Goldin. Marsilio editore gli pubblica Hostia. Trilogia della morte di Pier Paolo Pasolini e quattordici racconti autobiografici intitolati Verso la laguna. Le edizioni del Tavolo Rosso pubblicano un libro d’arte in cinquanta esemplari Giuseppe Zigaina per Friederike Mayrocker con tre acqueforti per ciascuno dei tre autori. Si deve a Giuseppe Zigaina la supervisione alla regia di Orgia per il Centro Andaluz del teatro di Siviglia. E’ stato accolto nella Bayerische Akademie der Schönen Künster di Monaco per il suo lavoro di ricerca su Pier Paolo Pasolini, oltre che per la sua attività di pittore.

Inequivocabilmente quindi Giuseppe Zigaina ha svolto un ruolo di primo piano nel contesto dello sviluppo dell’arte contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, con una rilevante incidenza anche nel panorama artistico nazionale ed europeo. Dalla stagione neorealista del dopoguerra, durata circa un decennio, e sostenuta da un forte impegno di carattere sociale e politico, a quelle successive, caratterizzate da un progressivo cammino verso l’interiorizzazione dell’immagine, con finalità evocative e allusive di sensazioni e sentimenti scaturenti dall’io profondo, la parabola creativa dell’artista si è dipanata attraverso cicli di opere ben definiti in cui emergono tracce di paesaggi lagunari, ricordi drammatici della violenza della guerra, presenze inquietanti di farfalle notturne, misteriose apparizioni di astronavi indecifrabili, evocazioni della figura paterna, frammenti allusivi di esperienze di vita. Un ventaglio quindi di immagini, espresse in un ampia raccolta di opere, che comprendono una ricca serie di incisioni e disegni, particolarmente rappresentativi del linguaggio dell’artista.

L’opera esposta nella Galleria d’Arte Moderna Enrico De Cillia  appartiene al periodo in cui il pittore realizza immagini emblematiche della condizione esistenziale dell’uomo, dopo aver trattato, in precedenza, specifici aspetti di tale realtà, tramite la rappresentazione delle dure esperienze dei lavoratori, quali i braccianti, celebrate con il richiamo delle loro lotte storiche nelle opere del periodo neorealista. L’opera si intitola “Composizione” ed è un olio di cm 27×31 datato 1972. Nel quadro citato lo spaccato anatomico, con il reticolo dei vasi sanguigni, di fibre muscolari, di fasci nervosi, sembra mettere a nudo il meccanismo organico, attraverso cui si esplicano le funzioni vitali dell’individuo, su cui però incombe la precarietà dell’essere. Ma tutto questo è espresso non in forma declamatoria o letteraria, bensì con una procedura squisitamente pittorica, attraverso la raffinatezza e la bellezza degli impasti coloristici, armonicamente fusi nella essenzialità dell’impianto compositivo.

Per accedere ad ulteriori dati relativi alla catalogazione dell’opera consultare il sito www.beniculturali.regione.fvg.it.