• STORIA DELL’EDIFICIO

    “Il Municipio di Treppo Carnico è situato sul versante di una montagna, è come l’insieme di più caverne collegate da gallerie che paiono scavate nel monte. L’edificio si apre verso la valle, il villaggio e il sole solamente sul fronte, mentre i lati sono chiusi da spessi muri di pietra locale, e invecchia meravigliosamente”.

    Con queste parole l’architetto Gino Valle, conosciuto ed apprezzato professionista a livello mondiale, definisce la sua opera.
    Il rapporto del progettista udinese con la Carnia affonda le sue radici in una lunga consuetudine, dalle estati passate da bambino nella casa di famiglia a Priola fino ai primi edifici realizzati in collaborazione con il padre Provino.
    A Treppo Carnico la pregevole struttura architettonica pubblica, i cui lavori durano dal 1956 al 1958, viene inaugurata il 6 gennaio 1959 e rappresenta un esempio mirabile e suggestivo del genio artistico del suo ideatore; Valle ne cura personalmente anche tutti gli arredi, disegnati fino all’ultimo dettaglio. “…L’edificio è posizionato con cura sul terreno, senza mimetismi bensì attraverso la ponderata articolazione dei volumi, dei percorsi interni ed esterni e degli accessi, progettati seguendo l’andamento naturale del suolo. Lo spazio interno è caratterizzato da piani sfalsati aperti che aboliscono la separazione tra impiegati e cittadini i quali condividono il medesimo spazio”. Il Municipio è ulteriormente impreziosito dai contributi di due grandi artisti friulani: Dino Basaldella, autore del bassorilievo che segna l’ingresso principale dell’edificio, e Giuseppe Zigaina, con l’opera musiva della Sala Consiliare.

    Gino Valle (Udine 1923 – 2003) frequentò l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia dove si laureò nel 1948. Iniziò proprio nello stesso anno l’attività professionale nello studio del padre Provino a Udine. In seguito si unì allo studio anche la sorella di Gino, Nani. Gino Valle ottenne numerose borse di studio all’estero tra cui la Fullbright presso la Harvard Graduate School of Design nel 1951. La prima esperienza di docenza è presso la scuola internazionale del Ciam, dove insegna dal 1952 al 1954. Fu professore alla facoltà di architettura di Venezia dal 1954 al 2001, occupando negli anni la cattedra dei corsi di Applicazione di geometria, Elementi di Composizione e Composizione IV. Durante la sua lunga carriera professionale collaborò con Zanussi, per la quale disegnò il frigorifero piatto, e con Solari, per la quale progettò orologi e datari a cifra (con “Cifra 5” si aggiudicò il Compasso d’Oro del 1956), nonché il sistema di tele indicatori per aeroporti e stazioni vincitore del medesimo premio nel 1962. “Cifra 3”, orologio a cifre con meccanismo a rulli con palette simile al Cifra 5, è uno storico oggetto di arredamento del XX secolo, esposto anche al Museum of Modern Art di New York.

    Notizie tratte da:
    “Architettura in montagna – Gino Valle in Carnia” Giovanni Corbellini – Alessandro Rocca, 2005
    “Pinacoteca Enrico De Cillia di Treppo Carnico – Guida alla lettura di un patrimonio d’arte visiva” Comunità Montana della Carnia

  • IL BASSORILIEVO ALL’ENTRATA

    Dino Basaldella (Udine, 1909 – 1977) è stato uno scultore dalla formazione assai complessa. Alcune delle sue principali opere, assieme a quelle dei fratelli Mirko e Afro, costituiscono una delle raccolte più significative del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Udine. Basaldella esordì nel 1928 proprio a Udine con i fratelli presentando alcune opere all’esposizione della Scuola friulana d’avanguardia, gruppo di giovani artisti in polemica con la retriva cultura ufficiale udinese dell’epoca. Dopo un soggiorno a Roma nel 1930, si recò a Monza dove frequentò lo studio di Arturo Martini che lo indirizzò ad una ricerca formale di matrice arcaizzante già avviata durante il periodo di permanenza romana e che si protrarrà nella produzione dell’artista fino agli anni Cinquanta.

    Successivamente lo scultore approdò ad un linguaggio espressivo fortemente connotato in senso primitivistico e “barbarico” e caratterizzato dall’uso del ferro. Materiali ferrosi di scarto venivano recuperati e inseriti in un contesto che attribuiva loro una valenza estetica altrimenti negata, in sculture di evidente impianto totemico. Dal 1970 fino alla morte insegnò scultura all’Accademia di Udine.

    Nel Municipio di Treppo Carnico la creazione di Dino Basaldella, scolpita su lastra di ferro e raffigurante lo stemma araldico del Comune costituito da un abete, è dotata di grande forza espressiva e le accentuazioni informali vitalizzano il metallo bruto, gli restituiscono un ordine perduto e lo calano in una grandezza fosca e possente. Il bassorilievo è situato sopra la porta d’ingresso dell’edificio e da lì domina il paesaggio con la sua austerità e la sua compostezza.

  • IL MOSAICO NELLA SALA CONSILIARE

    Giuseppe Zigaina (Cervignano, 1924 – Palmanova, 2015) è uno dei più importanti e significativi pittori italiani del Novecento. Egli ha svolto un ruolo di primo piano nel contesto dello sviluppo dell’arte contemporanea nel Friuli Venezia Giulia, con una rilevante incidenza anche nel panorama artistico nazionale ed europeo. Dalla stagione neorealista del dopoguerra, durata circa un decennio e sostenuta da un forte impegno di carattere sociale e politico, a quelle successive, caratterizzate da un progressivo cammino verso l’interiorizzazione dell’immagine, con finalità evocative e allusive di sensazioni e sentimenti scaturenti dall’io profondo, la parabola creativa dell’artista si è dipanata attraverso cicli di opere ben definiti.

    Negli anni della costruzione del Municipio lo stimato artista friulano realizzò nella Sala Consiliare un dipinto, andato poi incidentalmente perduto, che è stato sostituito da un mosaico che ne riproduce esattamente il contenuto.

    La nuova opera è stata predisposta dalla Scuola Mosaicisti di Spilimbergo con l’approvazione e su bozzetto del Maestro Zigaina. Si tratta di un’opera musiva, inaugurata nel 2003, che rappresenta ventuno metri quadrati di storia, di sentimento interamente carnico: la realtà dell’emigrazione viene raccontata con grazia e autorevolezza in assenza di colore, come a tante famiglie sono stati tolti i colori della vita affettiva.

    Non ci sono compiacimenti stilistici e non si attinge alla retorica nella scelta e nell’esecuzione del tema: si è di fronte ad un racconto sobrio ed essenziale che vuole imporsi con semplicità proprio nel luogo preposto alla massima partecipazione politica dei cittadini, per ricordare a tutti noi il nostro passato.